Un guerriero d'altri tempi


mercoledì, 6 giugno 2018

Nel cuore del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, si nasconde una perla dalla selvaggia e antica bellezza: Sant’Angelo a Fasanella.

Il paese giace ai piedi del gigante montuoso della catena degli Alburni, e la sua storia è legata direttamente allo Stupor Mundi, Federico II di Svevia. Il suo nome nasce infatti, dall’unione di Fasanella, antica città distrutta appunto da Federico II, con il casale Sant’Angelo. Federico II decise di radere al suolo la città per punire Pandolfo di Fasanella nel 1246; al signore locale furono poi restituiti tutti i suoi possedimenti in virtù dell’alleanza con Carlo I D’Angiò. Il nome Fasanella inoltre, è legato ad influssi quasi mistici e orientaleggianti, in quanto deriva da “Phasis”, antica città greca e dal nome di un fiume a confine tra l’Asia Minore e la Colchide, regione legata al mito degli Argonauti e del vello d’oro.

Il Medioevo è impresso in ogni ciottolo, sasso e pietruzza del borgo e anche nella sua memoria storica: il paese fu feudo dei Giovine e dei Caracciolo, nonché dei San Severino e dei Capece-Galeota. Sant’Angelo a Fasanella racconta anche la storia dell’Unità d’Italia, poiché fu il primo borgo nel salernitano ad accendere la miccia che diventerà combustione e deflagrazione per l’indipendenza.

La storia medievale del borgo ha lasciato dietro di sé, come splendidi e suggestivi strascichi, dei monumenti che testimoniano l’atmosfera e il sapore di un’epoca che fu. La struttura della Chiesa di Santa Maria Maggiore risale ai primi anni del Trecento, successivamente alla distruzione di Fasanella da parte di Federico II; il suo portale è decorato da raffigurazioni realizzate dall’artista Francesco da Sicignano,e l’imponente campanile sembra rintoccare canti di battaglie, di vecchie leggende e di storie che si intrecciano a doppio filo con quei secoli di buio, splendore e influssi suggestivi, che hanno toccato il Cilento con tutta la loro potenza, incarnandosi nelle sembianze del Castello Baronale del paese.

Ma non solo storie medievali riecheggiano nel borgo, pensare a Sant’Angelo a Fasanella, richiama alla mente immagini e sensazioni legate al paesaggio, una natura incontaminata e selvaggia che fa del luogo una delle più apprezzabili mete cilentane. Come non pensare agli sprazzi e alla freschezza delle cascate del fiume Auso?  Dall’omonima caverna chiamata “auso” appunto, anticamente “abisso”, a 260 m. sul livello del mare trova origine il fiume Fasanella che nasce nel territorio di Ottati. Nei pressi della sorgente, un ponte in pietra ad unica arcata con profilo a dorso d’asino, conduce su un percorso viario che un tempo collegava Ottati con Sant’Angelo a Fasanella. I resti di un vecchio mulino con macina in pietra, alimentato dalle acque provenienti dalla sorgente, rendono il luogo ancora più suggestivo.

Viaggiare alla volta di Sant’Angelo a Fasanella vuol dire anche riempirsi l’anima di storia e apprendere nuove cose da inserire immediatamente nel proprio bagaglio culturale e personale. A circa 4 chilometri dal territorio del comune, sul pianoro di Costa Palomba si staglia l’Antece: una scultura rupestre risalente probabilmente al V-IV secolo a.C. La figura alta circa un metro e sessanta e ritrae un guerriero vestito con un chitone (tunica di stoffa leggera chiusa da una cucitura, usuale nella Grecia Antica) armato di scure e scudo. La sua portata e le sue fattezze fanno pensare al profilo di un eroe o addirittura di una divinità. Inserito tra i siti patrimonio dell’umanità, l’Antece non è il solo sito UNESCO di Sant’Angelo a Fasanella: la Grotta Santuario di San Michele Arcangelo, anche sede di una comunità monastica benedettina dell’XI secolo. Tra le varie testimonianze di impronta medioevale, il vero tesoro è sul fondo della grotta, dove troneggia un altare seicentesco ricco e lussureggiante, che guida l’occhio dello spettatore fino ad ammirare la statua di San Michele Arcangelo.

Medioevo, storia e natura sono le componenti che rendono piacevole e affascinante un’escursione a Sant’Angelo a Fasanella, facendone un’esperienza degna di essere vissuta e raccontata.