Spiriti sacri, riti e tradizioni cilentane


Il periodo contrassegnato dalla triade Halloween-Festa di Ognissanti-Commemorazione dei Defunti è ormai alle porte, portando con sé, come ogni anno, il suo strascico di mistero e enigmi.
La Festa di Halloween (senza voler entrare nel merito della diatriba Halloween sì-Halloween no) non fa parte del substrato delle tradizioni dei  nostri avi; se si dovesse chiedere a qualche signora anziana in cosa consista tale festa, sarebbe molto probabile sentirsi rispondere con una scrollata di capo.

Più informati saranno i più piccini, che anche nella nostra zona, si divertono ad assaporare il brivido del terrore e l’eccitazione del mascherarsi. Le tradizioni di questa festa (il cui nome deriva da “All Hallows Eve”, Notte di Ognissanti) risalgono ai Celti, popolo di pastori che festeggiavano il passaggio dall’estate all’inverno, e il 31  ottobre rappresentava la fine di un ciclo,la fine di un lungo anno di raccolto: durante quella notte si festeggiava l’arrivo di un nuovo anno e di una nuova  stagione, e si credeva che coloro che erano morti tornassero a fare visita per possedere i corpi dei vivi.
Per scongiurare tale eventualità, si cercava di rendere le proprie abitazioni poco accoglienti e terrificanti.
Nel nostro territorio la  notte di Halloween ha semplicemente rappresentato, negli anni, soltanto la vigilia del 1° novembre, festa di Ognissanti, se non ignorata totalmente.

Parlando con la signora Giuseppina, di Felitto, percepiamo una dolente nostalgia: ci informa che una volta la Festa di Ognissanti e la Commemorazione dei Defunti erano più sentite, anche e soprattutto dai giovani, e si diletta, con pungente malinconia, a ricordare una sorta di “età dell’oro” che a suo  avviso non tornerà più.

Nella nostra zona, come narra la signora, queste due ricorrenze erano  sentite in modo ancestrale, trascendevano addirittura la religione, poiché al centro di tutto venivano posti i morti, i cari defunti.

La signora ci narra che l’attrattiva maggiore, all’epoca, era una grossa fiera di animali allestita a Roccadaspide,che attirava tutti i paesi limitrofi, come Felitto, Aquara, Bellosguardo, Castel San Lorenzo; tale fiera si teneva proprio il giorno di Ognissanti. Più di questo non sa dirci.

Per quanto concerne la “dimensione privata”, il 1° novembre ci si recava in chiesa e si approfittava dell’occasione per trascorrere del tempo con la propria famiglia, pregare e rivedere i propri parenti lontani che per l’occasione “scendevano giù”; poi ci si riuniva tutti a pranzo, davanti a una tavola imbandita.

Il più delle volte (ma solo in alcune case, come ci tiene a precisare Giuseppina) non ci si curava di sparecchiare la tavola,perché si credeva che i defunti tornassero, nella notte, dall’aldilà e si rifocillassero. In altre famiglie invece si allestivano delle vivande apposta durante la notte, per accogliere i propri avi.

Lo sapevi che..

Un’altra tradizione che lega inesorabilmente il Cilento e la Commemorazione dei Defunti è contrassegnata dal grano.

Il grano è da sempre, fin dai tempi dei Greci e dei Romani, simbolo di fertilità,vita  e resurrezione: per  raccogliere il chicco di grano, bisogna recidere la spiga, e quindi, simbolicamente ucciderlo. Dopo la morte del chicco, esso viene sotterrato, ma poi rinascerà in una nuova spiga. I nostri avi erano molto legati a tale simbologia, perché il grano rappresentava l’emblema dell’incessante ciclo di nascita, vita e morte della natura e di tutte le cose, e in esso avvertivano la metafora più calzante per descrivere questa commemorazione. Non dimentichiamo che facciamo pur sempre parte di una affascinante tradizione agreste, impressa nel nostro DNA. Proprio con il grano, come ci narra la signora Giuseppina, si realizzavano un sacco di ricette da presentare come offerta ai defunti , e ci si poteva sbizzarrire: grano con vino cotto, con chicchi di melograno, con cannella, zucchero, noci, e più recentemente, con cioccolato e persino con canditi.

 

Monica Acito

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