Un borgo medievale tra il mare e gli Alburni


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“Raccolta buona parte intorno al suo antico castello, siede gaja e ridente sul sommo di un ameno colle Altavilla Silentina… L’occhio domina un vasto orizzonte; monti lontani di forme svariate; colline apriche con città e villaggi edificati su rovine grandiose e memorabili; un’estesa e fertile pianura, e filari di viti e alberi da frutta, e boscaglie e fiumi e torrenti e mari e promontori e isole.”

Così scrivevano i baroni Alessandro e Antonio Ferrara nel 1898 nell’introduzione al libro “Cenni storici su Altavilla Silentina, e rispecchia il pensieri di quanto si recano in questo luogo per piacere, lavoro o per caso! Situata su una collina a 275 metri s.l.m., a circa 45 chilometri a sud di Salerno, la sua posizione permette di godere di una vista panoramica che spazia dall’isola di Capri, comprende la costiera amalfitana e copre tutta la parte centro-nord della Piana del Sele, mentre ad est il suo territorio è abbracciato dal corso del fiume Calore Salernitano che accompagna la vista fino alle vette dei Monti Alburni.

Oggi Altavilla viene definita “La collina degli ulivi”, “Il paese dei tramonti”… e anche delle bufale! Proprio così. In effetti il territorio comunale vede la presenza di 7000 abitanti e 14.000 capi bufalini allevati nelle floride aziende zootecniche, che consentono ai caseifici del territorio di poter produrre dell’ottima mozzarella.

Fiore all’occhiello di Altavilla Silentina sono la chiesa di San Francesco, la chiesa della Madonna del Carmine, il centro storico dominato dall’antico castello, la chiesa di San Biagio, il Parco Naturale “La Foresta”.

La chiesa di San Francesco, annessa all’omonimo convento, risale al 1435. presenta un magnifico soffitto tavolato interamente dipinto e conserva diverse statue lignee di pregevole fattura, tra cui quella di Sant’Antonio da Padova del 1680 vero gioiello di arte lignea finemente policromata su fondo dorato. Sant’Antonio da Padova è particolarmente caro agli altavillesi, tanto che anche non essendo il patrono, è di sicuro il più venerato.

Il 13 di giugno è gran festa. Intorno alle 7.30 giungono dai rioni del paese e dalle contrade i fedeli, percorrendo fino a oltre 8 chilometri in processione con le “cente” portate come ex voto collettivi. La tipologia di “centa” è quasi sempre a barca: i ceri di diversa grandezza vengono montati su telai di legno e ferro e adornati con fiocchi colorati, fiori, luci (che si accenderanno poi a sera) ed ognuna riporta la dicitura del rione o della contrada di appartenenza o della persona che ha chiesto o ricevuto la grazia al Santo.

La processione ha inizio dopo la terza delle messe del mattino, intorno alle 9.00 Quest’ultima viene celebrata dal vescovo ed al termine il Santo, accompagnato dai fedeli, dalla banda musicale e dalle “cente”, inizia il suo cammino entrando in ogni singola abitazione del paese, dove di volta in volta viene poggiato su di un tavolino addobbato con tovaglie ricamate e ricoperto di fiori, recitata una preghiera che si conclude sempre con “Evviva Sant’Antonio” e l’applauso, il tutto fino alle 23.30 della sera! Durante il cammino i portatori si alternano e delle volte fanno delle vere e proprie contorsioni per consentire al Santo di muoversi tra stretti vicoli ed ancora più stretti ingressi di abitazioni del centro storico risalenti anche al 1700.

L’attaccamento a Sant’Antonio lo si ritrova in vicende legate a fatti storici lontane dai giorni nostri, come un episodio risalente alle vicende del 1799 del MIRACOLO DI SANT’ANTONIO, che vide lo scoppio di una colubrina in tredici pezzi (conservati al convento di San Francesco), ponendo fine così all’assedio del paese da parte dell’esercito dei Sanfedisti.

Nella piazza principale è ubicata la chiesa della Madonna del Carmine, retta dall’omonima congrega e custode di una pala d’altare seicentesca che domina l’altare intarsiato di marmo polimicromo.

La passeggiata al centro storico inizia sotto la torre Jovia, attraversando Porta di Susa. Ad accompagnare il cammino ci sono i Canti del Massaro Angelo Gargano. Considerato l’ultimo menestrello altavillese, fino a pochi decenni fa “U Massar” animava le cantine con detti in rime e strofe con al centro storie di donne, d’amore e vecchie cu a lengua longa. Questi Canti oggi li ritroviamo raccolti su maioliche disseminate lungo il dedalo di vicoli e viuzze medievali.

Punto nevralgico è Piazza Antico Sedile cuore pulsante della vecchia Altavilla e luogo dove si tenevano i parlamenti pubblici. La stessa piazza funge anche da sagrato della chiesa di Sant’Antonino Martire, la parrocchia principale del paese.

Continuando la passeggiata ci ritroviamo alla chiesa di San Biagio, vero scrigno d’arte: qui, il visitatore compie un tuffo nel settecento, avendo la possibilità di ammirare gli intarsi policromi dei marmi degli altari maggiori (opera di importanti mormorai napoletani), il ciclo pittorico di Nicola Peccheneda (artista della scuola del Solimena), il corpo di San Germano Martire (giunto qui nel 1779) e magari godere del suono dell’organo di Silverio Carelli, uno degli organari più importanti del tempo. Uscendo sul sagrato, poi, ci si pone di fronte alla meraviglia di un panorama aperto sulla piana del  Sele, la costiera amalfitana… Capri!

Non può mancare una passeggiata nel Parco Naturale “La Foresta” che di sicuro rasserena l’animo! All’ingresso l’antico lavatoio e la piccola cascata del torrente Voso ci proiettano subito in un ambiente agreste. Seguendo, poi, il sentiero ci si inoltra nel bosco di lecci, fino a giungere all’anfiteatro dove nelle serate estive è possibile assistere a spettacoli teatrali e musicali. Bene la racconta Padre Guglielmo Di Agresti, forse il più illustre degli altavillesi, nel suo scritto “La mia Foresta”, lasciatosi ispirare dal bosco che ben conosceva dominandolo dall’alto della sua abitazione.

Trovandosi ad Altavilla Silentina, suggeriamo di fermarsi in uno dei locali di ristorazione per gustare la cucina tipica fatta di fusilli e ravioli, verdure cucinate all’uso antico e tante altre particolarità locali che deludono mai.

 

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