Un viaggio nell'oltretomba insieme alla leggendaria figura del tuffatore


Paestum, martedì 31 luglio 2018

Le lastre dipinte della cosiddetta Tomba del Tuffatore costituiscono l’unico esempio di pittura di età greca della Magna Grecia. Conservate nel museo archeologico nazionale di Paestum sono reperti di inestimabile valore storico e artistico.

La Tomba del Tuffatore fu rinvenuta da Mario Napoli il 3 giugno del 1968 a circa 2 km a sud di Paestum, in una località denominata Tempa del Prete. Le singolari decorazioni che ornano le cinque lastre in calcare della sepoltura forniscono una piena testimonianza della profondità e reciprocità degli scambi culturali e artistici tra la civiltà greca e quella etrusca, la cui sfera d’influenza raggiungeva la sponda destra del fiume Sele.

Fu portata alla luce nel corso di campagne di scavo volte ad indagare le interazioni realizzatesi tra quei mondi culturali della Grecia e dell’Etruria che, proprio in prossimità dell’area di Paestum trovavano l’elemento di confine.

La scoperta della tomba del tuffatore offre un esempio originale di pittura greca arcaica o classica e tra l’altro l’unica esistente. Gli oggetti che formano il corredo funerario, in particolare una lekythos attica, unitamente alle considerazioni stilistiche degli affreschi, hanno permesso una chiara datazione al decennio compreso tra il 480 e il 470 a.C.

Il ritmo delle immagini delle due lastre laterali più lunghe è significativo. Si ha l’impressione che l’artista abbia disposto i personaggi in modo da farli comunicare. La stessa impressione persiste osservando tutte le altre. Un filo conduttore collega le scene rendendo l’organicità degli eventi narrati, svoltisi in contemporaneità.

Le figure sono cinque su ogni lastra lunga, raggruppate e in posa, semisdraiate su letti. Tutte le scene rinviano ad un banchetto funebre che si svolge secondo il rituale in uso all’epoca del dipinto.

L’espressione degli sguardi è intensa, serena, gioiosa, sebbene si stia celebrando un funerale. Ma la morte è preludio di vita nuova perché immette in un altro regno, beato, dove i piaceri del corpo e dell’anima continuano ed esserci. Musica, danza, vino, gli affreschi della tomba inneggiano all’amore, all’amicizia, al godimento del mangiare, del gioco, del mare che accoglie come una madre perenne, a tutto ciò che rende la vita meritevole di essere goduta ed apprezzata.

Il personaggio essenziale della narrazione è il giovane tuffatore il cui corpo nudo è colto dall’artista nell’attimo del lancio verso l’acqua.

Ci chiediamo se il banchetto funebre è per un giovane, forse uno sportivo, per un adolescente o è la rievocazione del passato di un defunto adulto, al termine del suo ciclo vitale. Le immagini non ce lo rivelano, anche se molti studiosi si sono cimentati nel cercare la risposta giusta che sembra affermare che la tomba è stata allestita per un giovane. Lo attesterebbero i pochi resti ossei.

Le scene sono cariche di simbolismo. Lo stesso tuffo è simbolo di passaggio, di un transito da un mondo ad un altro mondo. Inoltre, la diversa età dei banchettanti non è anche l’itinerario di una vita, dalla giovinezza alla vecchiaia?

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