Vacanze in Cilento, una terra da scoprire e da vivere


lunedì, 17 settembre 2018

Siete indecisi sullo sfondo da scegliere per trascorrere un week-end fuori, le vacanze natalizie o pasquali,  le prime giornate autunnali o primaverili? Avete consultato le vostre mappe ma non riuscite a trovare una bussola da cui farvi guidare? Lasciatevi conquistare, dal Cis Alentum, dal Cilento. Il Cilento è una madre di pietra e di terra, di sole e di spuma marina, di montagne scoscese e di rupi a strapiombo sui fiumi; è una terra dai seni dolci e dai denti aguzzi, dal morso feroce e dalla tenerezza sconfinata, che si descrive da sola spiegandosi nelle sue infinite contraddizioni.

Il Cilento è la meta giusta da scegliere per tutte le stagioni, per la mitezza del clima, la varietà dei paesaggi, la vicinanza sia al mare che alla montagna.

Il Cilento comincia dopo l’ultima impronta poggiata dai piedi di quel Cristo che si fermò a Eboli e si apre nella sua frastagliata e multiforme contraddittorietà: il Cilento sono i templi di Paestum, la zona archeologica attraversata dall’alito di Nettuno e Cerere, la baia di Trentova di Agropoli, sono le terrazze panoramiche ed attrattive di Trentinara, i boschi selvaggi e fitti di Perito e di Monteforte. Il Cilento interno è come una donna intima da esplorare e conquistare con lentezza, ha lo stesso sapore rude e acre delle Gole del Calore di Felitto, che si aprono con le loro forme scavate e le concavità scolpite da uno scultore ispirato da una qualche divinità pagana e lo stesso soffio delle campagne battute dal sole aspro di agosto.

Cilento sono i piatti tipici, i fusilli di Felitto, il sugo di pomodoro pungente e dolce allo stesso tempo, le pizze croccanti e le focacce ripiene, il basilico nutrito dal sole dell’orto, le verdure mature sgorgate dalle mani degli uomini di cent’anni fa, il vino scuro nato dal ventre delle vigne al tramonto, la pasta fatta in casa con la farina e i sospiri delle mamme e delle nonne, i dolci tramandati da generazioni, melanzane e peperoni fritti, il pane cotto nel forno a legna come un rituale nostalgico, l’olio d’oliva che ha la stessa bontà e pizzicore di una lacrima.

Cilento sono le mani nodose e callose dei contadini, che si spaccano le nocche e conoscono l’odore fumoso del pane e il canto del gallo di buon mattino; Cilento sono le capre, i bovini e le pecore che hanno gli occhi docili di un essere umano, sono i fiumi che scorrono come lava e che hanno lo stesso calore del sangue degli antenati, sono le montagne nascoste di Campora e il paesaggio da canyon della Retara, che da Campora porta a Moio della Civitella, Pellare  e infine Vallo della Lucania, che in estate ha i colori del mattino fresco e azzurro e in autunno di caldo arancio rassicurante. Sono i mari di Palinuro, Acciaroli, Marina di Camerota, blu come le bandiere che li adornano e blu come la malinconia che pervade gli scogli e ogni granello di sabbia, perché il Cilento ha quel tocco di malinconia blu su cui scivolano le barchette dei vecchi pescatori. Il Cilento è un marinaio blu, è un pescatore che prepara le reti ed è un amore che inebria ogni fibra del corpo.

Il Cilento è uno stato d’animo, e lo si può comprendere soltanto accarezzandone piano il corpo fatto di sangue e terra.

Monica Acito